ANNA SAYS

Impara a fare: WeeKenDoit

Da quando collaboro con Benedetta, intorno a me si sono moltiplicate, le discussioni e le esperienze riguardanti l’artigianato e il lavoro manuale. Forse, fino ad ora, non sono stata in grado di “vedere” o forse il mondo sta cambiando, il nostro Paese sta cambiando, sta cambiando il concetto di Made in Italy. Negli ultimi giorni, mentre cercavo di elaborare questi concetti, parlandone anche con amici che vivono dall’altra parte del mondo e possono testimoniare come viene percepito il made in Italy fuori dal nostro paese, mi sono imbattuta nel WeeKenDoit, una manifestazione che si tiene, per il secondo anno consecutivo, ad Ancona.

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Come premessa riporto qui alcuni passaggi dei comunicati stampa e degli articoli usciti per il lancio dell’evento.

“WeeKenDoit è una manifestazione che ha come scopo quello della condivisione delle tecniche artigianali, sia tradizionali che innovative. Con un amore sviscerato per i valori della cultura handmade ed il design, una forte attitudine digitale social ed una comunicazione immediata, si propone di accorciare le distanze tra pubblico ed artigianato, svecchiandone l’immagine ed abbattendo i luoghi comuni.”

“Rispetto all’anno scorso la grossa novità sono sicuramente i workshop teorici, tenuti da professionisti riconosciuti a livello nazionale nel mondo del nuovo artigianato, il cui scopo è quello di stimolare la crescita della micro-impreditoria”

Pur essendo una manifestazione piuttosto conosciuta in ambito nazionale, e alla quale viene affiancata una bella campagna di comunicazione, io non ne ero a conoscenza, mi ci sono imbattuta per caso vagando su internet da un blog all’altro.

La prima cosa che mi ha colpito è la “marchigianità” dell’iniziativa e la sua distanza dai soliti circuiti glamour, che mi hanno fatto pensare immediatamente a qualcosa di innovativo, e che fosse alla mia portata.

Per l’appunto Weekendoit è stata ideata da Gaia Segattini, maker/blogger di Vanity Fair e marchigiana; il luogo dove viene ospitata, Ancona, che è una grande città ma non è certo Roma o Milano; Il fatto che molti degli ospiti che tengono i seminari sono anch’essi marchigiani o comunque di origini “decentrate” rispetto ai soliti circuiti dei grandi eventi.

Poi mi hanno colpito i contenuti, il discorso sulla micro-imprenditoria e il ricco programma (qui il programma).

L’unico punto a sfavore, che mi ha trattenuto dall’iscrivermi a tutti i workshop, è stato il timore di sentirmi una vecchia zia in mezzo ai giovani.

Ad ogni modo ho deciso di andare e, per rompere il ghiaccio, ho scelto il primo bla-bla corner del primo giorno di manifestazione, allettata dall’idea di conoscere gli “Italian Stories” di cui Benedetta ha parlato in questo blog.

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La manifestazione si svolge alla Mole Vanvitelliana che è uno spazio incredibile e versatile (e qui ci vorrebbe una riflessione su quanti bei luoghi in Italia siano ancora inutilizzati e abbandonati all’incuria).

WeeKenDoit - vista dalla Mole vanvitelliana

In una grande sala sono allestiti gli stand dei makers presenti in programma per quel giorno, lo spazio per i workshop manuali, il bla-bla corner, un angolo degustazione e un angolo per il Photo Booth, mentre ai workshop teorici è stata assegnata una sala conferenze un po’ in disparte.

La ristorazione è stata affidata a “Zucchero a Velò” una bici-pasticceria che vale da pena di conoscere.

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L’allestimento dello spazio mi è piaciuto molto, in stile cantiere, asciutto, ordinato, non lezioso, della serie “facciamo quel che possiamo, con quello che abbiamo, ma lo facciamo bene”.

Una piacevole scoperta è stata constatare che l’età media dei partecipanti, i giovani makers Italiani, è tra i 30-40… come me!

Questo mi ha fatto sentire molto a mio agio.

Talmente a mio agio che io e il mio accompagnatore ci siamo persino scatenati al Photo Booth: molto, molto, divertente.

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Ma non è solo la parte estetica ad essermi piaciuta, infatti l’iniziativa si basa su dei contenuti concreti, che mi hanno aiutato a fare chiarezza su alcuni concetti importanti.

Ho già provato a spiegare qui la differenza tra DIY (fatto a mano), il craft e l’artigianato Italiano, ma il concetto era sfuggente, anche per me.

Adesso mi sento più sicura nell’affermare che il nostro artigianato, riconosciuto nel mondo come il vero Made in Italy, è unico e caratterizza il nostro paese.

Noi italiani siamo un popolo che lavora con le mani e per noi, questo, non è un hobby ma è la nostra fonte di reddito.

Negli ultimi anni abbiamo avuto una sbornia di branding e marketing, che in sostanza prevedono di investire somme ingenti di denaro allo scopo di monetizzare, in tempi rapidi, attraverso un marchio e un’idea ma solo in modo marginale si occupano del prodotto da essi generato.

Con la crisi economica, la scarsità di lavoro e di capitali da investire, è risorta a gran voce la necessità di tornare a sistemi più concreti di guadagno.

Entra così in ballo la micro-imprenditoria: dare un valore equo al prodotto del proprio lavoro per poterne fare una fonte di reddito. Sebbene questo non sia un concetto avveniristico ma la base del sistema economico dell’artigianato, gli strumenti che servono oggi per metterlo in pratica sono cambiati e non è più sufficiente fare bene una cosa per riuscire a venderla.

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Il cambiamento comincia da qui.

Al WeeKenDoit si evince la nascita di una nuova generazione di artigiani che sta cercando sia di recuperare i saperi di un tempo, sia di essere contemporanei e innovativi, perché, come ha detto Gaia Segattini (di Vendetta Uncinetta) all’incontro al bla-bla corner:  “Non possiamo più ignorare il fatto che oggi ci si incontra sui social network” e, aggiungo io, da lì passa il mondo intero.

Che sia l’inizio di una nuova rivoluzione?

Non lo so, ma da qualche parte bisogna pur cominciare.

Seguire questi giovani innovatori, e i loro sforzi per divulgare questi concetti, è già un gran passo in avanti, secondo me, per migliorare il sistema.

Intanto chiamateci, se vi va, Makers.
Anna Greco

 

 

Impara a fare: WeeKenDoit ultima modifica: 2015-07-18T15:38:54+02:00 da Benedetta

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