artigianato artigianale
PAESE CHE VAI ARTIGIANO CHE TROVI

Artigianato digitale: una contraddizione in termini?

Martedì scorso sono stata genntilmente invitata da Banca Ifis {che ringrazio} alla presentazione di Botteghe Digitali, un progetto a sostegno dell’artigianato, e della mostra New Craft curata e ideata da Stefano Micelli. L’argomento dell’artigianato digitale mi interessava, così ho deciso che sarei andata a Milano. Sono partita con i dubbi che ho sempre nutrito sul tema pensando fosse la volta buona per dissolverli e accettare la tesi di Micelli. In realtà non è andata così…

… perché, al contrario, si sono consolidate le mie idee. Prima fra tutte quella che l’artigianato digitale sia una contraddizione in termini: l’artigianato, nel senso profondo di individuo che crea un manufatto attraverso la téchne – vale a dire quel sapere fare codificato e metodologico che nel caso dell’artigianato viene trasmesso da padre in figlio oppure si impara in bottega -, a mio avviso non può essere digitale.

artigianato digitali

Provo a spiegare i motivi della mia affermazione.
Nel momento in cui nel processo produttivo artigianale viene introdotto un uso preponderante della macchina e in cui comincia a sfilacciarsi la sua visione d’insieme del processo produttivo stesso, l’artigianato e il suo oggetto perdono il proprio essere.

L’artigianato si può definire tale quando, per la creazione dell’oggetto, lo strumento principale rimane la mano dell’artigiano, il quale è protagonista del processo manifatturiero dal principio alla fine.

Non solo. L’artigianato esprime valori profondi legati alla cultura e alla socialità espressi dal territorio dove quella determinata tradizione artigianale è nata e fiorita. In Italia i distretti industriali si sono sviluppati grazie al substrato artigianale: pensiamo al distretto dell’occhialeria in Cadore, a quello tessile in Toscana, al distretto del mobile della Brianza, per citarne qualcuno. Dal sapere artigianale è nata l’industria e dall’industria il design: l’artigianato ha offerto molto sia all’industria che al design e penso sia questo che ha reso grande il “Made in Italy” nel mondo.

Tornando all’artigianato digitale, tra gli esempi proposti nella mostra curata da Micelli mi ha colpita l’esposizione dei prodotti di Riva 1920. Mi è difficile capire come possano essere definiti artigianali dal momento che sono realizzati per lo più con l’impiego importante di macchinari e la manualità passa in secondo piano.

Inoltre, se provo immaginare il processo produttivo esso non mi si presenta in una visione d’insieme: vedo molte persone al lavoro che, sì, maneggiano tronchi spostandoli da uno strumento all’altro. In tal modo l’intero processo produttivo si parcellizza perdendo il carattere unitario che contraddistingue il lavoro artigianale. Mi chiedo, allora, se non sia più corretto parlare di operai altamente specializzati in un processo produttivo filo-industriale.

Un’altra questione riguarda la “non standardizzazione” o il “su misura”: questi concetti non possono essere il discrimen {rispetto all’industria} che mi permette di affermare “questo è un prodotto artigianale”. Ormai l’industria ha la capacità di personalizzare un prodotto tanto quanto l’artigianato.

La differenza profonda è altrove.

artigianato digitale

artigianato digitale

Ho acquistato questi vasi perché sono espressione dell’essere dell’artigiano, del suo sistema di valori e del suo vissuto, delle sue conoscenze e della terra dove vive che gli ha regalato la tradizione dei vasi antropomorfi, del colore verde tipico del Salento, di un determinato modo di lavorare la ceramica. Tradizione elaborata dalla sua individualità e dall’abilità delle sue mani che fanno di quell’oggetto un oggetto unico.

Credo che di fondo l’artigianato per sua natura non possa rivolgersi a un’economia di massa a cui, invece, sembra pensare Stefano Micelli con la sua tesi dell’artigianato digitale. Di digitale penso invece dovrebbe essere la comunicazione con cui l’artigiano mostra al mondo il proprio lavoro. L’artigiano dovrebbe comprendere che “Se non sei online non esisti”.

artigianato digitale

artigianato digitale

A capirlo bene, invece, sono stati i makers americani che attraverso Eatsy hanno creato un vero e proprio movimento e hanno aumentato nel tempo le loro vendite. Anche qui, però, credo sia necessario un chiarimento: makers non producono artigianato bensì oggetti fatti a mano. C’é una differenza sostanziale tra i due, il primo implica un sistema di valori e conoscenze di cui il secondo non necessita.

L’intreccio industria, artigianato, design è molto interessante e sicuramente va favorito, tuttavia in questo gioco i ruoli e la terminologia dovrebbero essere più chiari. In questo linguaggio plurale mi chiedo se non andrebbe valorizzato maggiormente la libertà dell’artigianato e la comunicazione {digitale} del suo grande valore.

Non critico l’impiego della macchina, ma nel momento in cui acquisto un manufatto artigianale lo faccio perché, oltre al suo micro-sistema di significati, è realizzato a mano.

Uno dei pezzi più belli sull’artigianato e sul suo significato profondo lo ha scritto la mia amica Anna Greco:
La seduzione degli oggetti

Photo Credits Italian Stories

 

 

 

Artigianato digitale: una contraddizione in termini? ultima modifica: 2016-05-10T08:48:16+02:00 da Benedetta

5 Commenti

  • Rispondi Anna 10/05/2016 a 11:15

    Cara Benedetta hai scritto l’articolo che avrei voluto scrivere io.
    Mi sembra, la tua, una’ottima e chiara analisi.
    Sarebbe bello poter aprire un dibattito su questo, spero che in molti si avvicinino a questo post e lo commentino.

    Grazie per la citazione

  • Rispondi Giancarlo Moi 14/05/2016 a 11:51

    ciao Benedetta è da molto tempo che non ci sentiamo per” fortuna “”di questi tempi ho avuto da fare”
    volevo commentare il tuo articolo e vorrei dirti che il tuo nome Benedetta ti sta proprio bene in quanto
    è benedetto quello che hai scritto, purtroppo ho notato che in questi ultimi anni , forse vista la crisi ; in tanti utilizzano il termine artigianato molte volte a sproposito o a uso e consumo a seconda delle opportunità.
    Noto inoltre che anche le istituzioni sopratutto dalle mie parti in Sardegna il termine artigianato e di conseguenza l’artigiano vengono utilizzati x coprire carenze ho fingere di contribuire allo sviluppo del made in italy sfruttando a sproposito sia il termine sia gli artigiani.
    E qua si aprirebbe un dibattito senza fine……………………………..
    grazie di esistere cordialità a te e a tutti i tuoi ospiti artigiani.

    • Rispondi Benedetta 14/05/2016 a 14:37

      Carissimo Giancarlo, mi fa tantissimo piacere sentirti.
      Purtroppo il termine ‘artigianato’ è abusato e usato a piacimento, a seconda delle opportunità che riserva. Sono arrivata a questa conclusione.
      Non senza, però, la responsabilità dell’artigiano che dovrebbe impegnarsi di più a mostrarsi, farsi sentire, affermare i propri valore. In poche parole a comunicare.
      Grazie per l’auguri, un caro saluto
      Benedetta

  • Rispondi Fabio 02/06/2016 a 17:58

    Ciao, commento sullo spunto del tuo invito da parte di IFIS, sono d’accordo sulla possibilità che a costi relativamente bassi l’informatica puo’ dare ad un autoproduttore di essere visibile e raccontare cosa c’e prima, dentro, l’oggetto che osservi, generare e trasmettere quella speciale emozione, sviluppare la sua bottega ed approdare al mercato globale.
    (è un problema culturale degli italiani che l’arte non si vende? oppure che un oggetto fatto a mano non puo’ costare come una cosa stampata in 3d?).

    Credo che l’intervistatore si riferiva all’artigiano digitale come settore specifico dell’informatica, da informatico, posso dire che questo tipo di artigiano digitale che produce il software in cantina, e’ anche lui se pur digitale afflitto da problemi di comunicazione e visibilità.

    C’e una esagerata attenzione alle start up (1 su 10.000 ce la fa) e trascuratezza della micro e media impreditorialità con esperienza alle spalle, che invece potrebbe dare quel supporto di mentorship ed esperienza che la start up non puo’ avere (infatti quelle veramente OK, se le comprano dall’estero rubando all’italia le menti geniali).

    Sulle tre 3d, non ho capito cosa ci sia di creativo ed artistico a spingere il tasto print partendo magari da un disegno scaricato da web per fare un pupazzo od una tazza.

    creativi digitali…Ci sono spinte commerciali importanti e tanti soldi dei fondi, che vedono una stampante 3d in ogni casa, ed un arduino nella tasca di ogni studente, dalle elementari all’università.

    Ma il fatto che sei stata invitata e’ positivo, il tuo commento….avrà fatto meditare, spero, chissa.

    Buona Giornata.

    • Rispondi Benedetta 02/06/2016 a 21:03

      Spero anch’io si possa meditare… almeno per onestà intellettuale.

    Lascia una risposta

    AlphaOmega Captcha Classica  –  Enter Security Code